Il restauro di cui è stato oggetto quest’anno il Ratto delle Sabine di Pietro da Cortona ha offerto l’opportunità di ripercorrere le vicende conservative del grande dipinto dal suo arrivo alla Galleria Capitolina nel 1748 fino all’ultimo decennio del Novecento, quando, com’è noto, fu esposto prima alla mostra “Roma 1630. Il trionfo del pennello” tenutasi a Villa Medici nel 1994, poi alla grande antologica su Pietro da Cortona allestita a Palazzo Venezia per celebrare il quarto centenario della nascita dell’artista (1997). Fu per quelle occasioni che il quadro venne sottoposto a un importante restauro e a una complessa campagna di indagini diagnostiche finalizzata a comprendere il processo creativo e i meccanismi tecnico operativi utilizzati dal maestro cortonese per realizzare quel capolavoro. Quelle indagini fornirono interessanti informazioni sulla tecnica esecutiva e sul metodo compositivo adoperato dal pittore, dati che furono poi raccolti, insieme a quelli ricavati dall’analisi di altre nove dipinti del maestro, nel catalogo della mostra “Pietro da Cortona, il meccanismo della forma” tenutasi nella Pinacoteca Capitolina dal novembre 1997 al febbraio dell’anno successivo. Ancora oggi quel volume costituisce uno strumento imprescindibile per comprendere appieno l’arte pittorica su tela di Pietro da Cortona e oggi, a integrazione di quegli studi, possiamo aggiungere nuove informazioni riguardanti il supporto dell’opera la cui scelta, soprattutto nell’ambito del Moderno-Contemporaneo, è parte integrante dell’immagine stessa e, nel caso del Cortonismo questa scelta è ben definita, quasi codificata, producendo una tipologia di superficie specifica, capace di frammentare la riflettenza e ampliare la percezione visiva. A ventiquattro anni dall’ultimo restauro, il Ratto delle Sabine è stato infatti nuovamente sottoposto a un intervento conservativo resosi necessario per le cattive condizioni del supporto che non fu interessato dai restauri del ’94. Il nuovo restauro è stato un’occasione per verificare la sua tenuta anche in seguito a drastici interventi di restauro precedenti e identificare i suoi punti deboli, quale quello di essere facilmente esposto all’abrasione e a fenomeni di ossidazione. Anche in questo caso, come allora, la sinergia tra lo storico dell’arte e il restauratore ha dato i suoi frutti confermando l’importanza metodologica di accompagnare il restauro di un’opera d’arte alla sua storia conservativa. Nel solco della tradizione della Pinacoteca Capitolina che ha sempre dato conto delle proprie attività, Federica Papi e Matteo Rossi Doria illustreranno quest’ultimo intervento ripercorrendo rispettivamente le vicende storico conservative del dipinto e le fasi principali del restauro con i nuovi dati acquisiti. Inoltre si ricorderà la frenetica attività di restauro svolta dalla famiglia/azienda Michelini-Principe-Cecconi sulle Collezioni e patrimonio artistico romano nel corso dei secoli.
Federica Papi si è laureata presso l’Università “La Sapienza” con una tesi in storia della critica d’arte e conseguito il titolo di dottore di ricerca in “Storia e conservazione dell’oggetto d’arte e d’architettura” presso l’Università degli Studi Roma Tre. Dal 2016 è funzionario Storico dell’Arte presso i Musei Capitolini dove attualmente ricopre l’incarico di responsabile della Pinacoteca per la quale cura le attività tecnico scientifiche e quelle conservative. Nel corso della sua carriera è stata catalogatrice e consulente del Mibact, cultrice della materia per le cattedre di museologia delle maggiori università romane, ha vinto numerose borse di studio, curato mostre, partecipato a progetti di ricerca e a convegni. È inoltre autrice di diverse pubblicazioni che spaziano dalla storia della pittura a Roma e nel Lazio tra XV e XVIII secolo, storia del collezionismo e storia della conservazione, della tutela e del restauro tra Otto e Novecento. Su quest’ultimo argomento ha pubblicato il volume monografico Cultura e tutela nell’Italia Unita. 1865-1902, Todi 2008.
Matteo Rossi Doria è un restauratore socio della C.B.C. Conservazione Beni Culturali in cui opera nei settori del restauro dei dipinti su tela, carta, cuoio, legno policromo, arte moderna e contemporanea. Da molti anni è attivo nell’ambito di progetti di conservazione preventiva per musei e collezioni (Galleria Spada, Museo di Roma, Collezione di carrozze sabaude della Presidenza della Repubblica), ed è coordinatore per la CBC del progetto europeo Collection Care dedicato a sistemi gestionali innovativi per i musei piccoli e medi della Comunità Europea. Specializzato nel settore del restauro strutturale dei dipinti su tela, ed in particolare in quelli di grandi dimensioni, ha maturato una grande esperienza arricchita da una continua attività di ricerca scientifica e metodologica svolta in collaborazione con enti ed istituti di ricerca nazionali ed internazionali. Dopo diversi anni di attività di docenza presso l’Università della Tuscia è attualmente project manager nei progetti di formazione e aggiornamento professionale del Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale.