Dal cuore della città il Teatro di Roma torna sulla scena nazionale con una Stagione di rilancio della propria mission culturale, attraverso un pensiero progettuale e di politiche sociali alla ricerca di una connessione ancora più trasversale con la comunità di spettatori, il tessuto cittadino e i contesti artistici.
È con sguardo aperto all’eccezionalità del momento e alle sfide del futuro che il Teatro di Roma rafforza il proprio ruolo di spazio pubblico e circolazione del pensiero, rilanciando una Stagione di circa 60 titoli – di cui 23 produzioni, 34 ospitalità e altri allestimenti – che si inaugura al Teatro Argentina il 23 settembre con Lo zoo di vetro di Ivo van Hove e al Teatro India il 12 ottobre con il debutto nazionale di Non farai mai niente nella vita (titolo provvisorio) di Eleonora Danco.
Il disegno artistico è affidato a una cartografia di visioni, opere e creatori della scena, che scorrerà sui palcoscenici di Argentina, India e Torlonia, accogliendo il meglio della tradizione in dialogo con le innovazioni del contemporaneo, per ripensare la scrittura scenica attraverso il dinamismo intellettuale di generazioni diverse di registi, interpreti e talenti. Una polifonia di voci e linguaggi in sinergia con il portato poetico e politico della Stagione, che si avvale degli spettacoli come emersione viva della creazione e delle attività culturali come strumenti di coesione sociale e civile.
Da qui si dipana il progetto produttivo firmato da registi e maestri del teatro più avanzato, come le produzioni di Gabriele Lavia con Un curioso accidente, Stefano Massini con L’interpretazione dei sogni, Massimo Popolizio con L’albergo dei poveri, Silvio Orlando con Ciarlatani, Fausto Russo Alesi con L’arte della commedia, Piero Maccarinelli con La casa nova; a cui si affiancano energie creatrici al femminile, che guardano alle scritture contemporanee con mano autoriale, come Lisa Natoli/lacasadargilla con Il Ministero della Solitudine, Lucia Calamaro con L’origine del mondo, Eleonora Danco con Non farai mai niente nella vita (titolo provvisorio Manuela Mandracchia con Il canto dei giganti; e la vitalità performativa di talenti come Fabio Cherstich con Cenerentola Remix, Giacomo Bisordi con Giunsero i terrestri su Marte, Tommaso Capodanno con Il Cavaliere Inesistente e il progetto professionalizzate Classico in scena, con il patrocinio della Camera di Commercio di Roma; mentre l’esplorazione nello scenario internazionale restituisce un teatro del presente aggiornato su temi di attualità, come Lo zoo di vetro di Ivo van Hove, in corealizzazione con Romaeuropa Festival, S 62° 58′, O 60° 39′ della compagnia di teatro-danza belga Peeping Tom in corealizzazione con Fondazione Musica per Roma, e il progetto immersivo nella storia pionieristica del leggendario teatro di Eugenio Barba e dell’Odin Teatret.
Una nutrita offerta di ospitalità completa la costruzione identitaria e plurale della Stagione con le proposte di Roberto Andò (Clitennestra e Storia di un oblio), Luca De Fusco (Così è se vi pare), Antonio Latella (La locandiera), Nanni Moretti (Diari d’amore), Marco Baliani (Rigoletto e Frollo), Giorgio Sangati (Boston Marriage), Scimone/Sframeli (Fratellina), Giuliano Scarpinato (Il tempo attorno), Daniele Spanò (Forma sonata), Nicola Russo (Christophe), e ancora Valentina Esposito (Destinazione non umana), Elena Arvigo (Una storia al contrario), Gabriella Greison (Entangled), ma anche il balletto di Daniele Cipriani in chiusura d’anno (Coppélia e Alles Walzer), e proposte a sostegno della creazione contemporanea firmata da giovani esperienze non convenzionali, come Leonardo Manzan (Una piccola opera lirica), Giovanni Ortoleva (La dodicesima notte), Carlo Sciaccaluga (Appuntamento a Londra) e Teatro dei Gordi (Sulla morte senza esagerare).
La ricerca coreografica si integra nel flusso del progetto artistico con la rassegna Prospettive della danza contemporanea, una tessitura di corpi e idee in movimento, da cui intercettare le voci più ispirate della scena mondiale, come Boris Charmatz con Somnole e Lemi Ponifasio con Jerusalem, in complicità con Romaueropa, a cui si aggiungono le partiture dal respiro innovativo della compagnia belgo-cilena Belova ~ Iacobelli con Tchaïka e i percorsi performativi delle generazioni più recenti, come Salvo Lombardo con Sport e Marco D’Agostin con Gli anni.
Inoltre, i temi e gli obiettivi della Stagione sono in risonanza con quelli dell’Agenda 2030, attraverso progetti performativi per favorire il contrasto alla povertà educativa minorile e la marginalizzazione come: l’inedito Festival di nuovo Circo contemporaneo CIRCOinfest (dal 24 giugno), in un doppio allestimento nell’area esterna di India con lo Chapiteau del Circo El Grito e nel parco di Villa Torlonia con spettacoli tra clownerie, giocolerie e acrobazie; il progetto di innovazione sociale Sciroppo di teatro, basato sulla “prescrizione” di spettacoli teatrali a bambini e famiglie da parte dei pediatri; le attività del Laboratorio Integrato Piero Gabrielli, punto di inclusione mediato da percorsi artistici fra scuola, teatro e disabilità; la sezione per le nuove generazioni declinata da spettacoli e riflessioni sul teatro d’arte per l’infanzia, tra cui la produzione installativa Boxes degli UnterWasser, e la rassegna Contemporaneo Futuro curata da Fabrizio Pallara. Sempre in linea con l’Agenda 2030 per garantire i principi di pari opportunità contro ogni discriminazione, un’attenzione speciale è riservata ai temi della violenza e della parità di genere con il progetto DONNE! Trilogia sulle donne dal mito ai social, una maratona teatrale, con l’interpretazione di Viola Graziosi, attraverso le tre figure del Mito classico rivisitate da Luciano Violante – Medea, Clitemnestra e Circe – che approda alla contemporaneità della protagonista di Qualcosa di lei, per la regia di Roberto De Giorgio, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
In continuità con la progettualità artistica, la Stagione propone sconfinamenti tra le discipline con percorsi a più dimensioni fra scena e divulgazione storica e scientifica, tra i quali: il ciclo Luce sull’archeologia, che per la X edizione si avvale della collaborazione con la Direzione generale Musei, e a cui si aggiunge la prima edizione del ciclo Quando la scienza fa spettacolo: lo spazio, in cui scienziati e astronomi offriranno una esperienza unica tra scienza e poesia.
L’intera Stagione si nutre anche di una rete di alleanze con istituzioni nazionali e cittadine, con cui rafforzare il progetto artistico attraverso un dialogo interculturale, solidale e partecipativo, tra queste: le sinergie con Romaeuropa Festival, Fondazione Musica per Roma e Short Theatre, con cui condividere discipline e formati innovativi; lacasadargilla con IF, progetto multidisciplinare dedicato alle scritture della fantascienza; Pav con il sostegno alla drammaturgia contemporanea in Europa di Fabulamundi New Voices; il festival multidisciplinare sulla creatività under25, Dominio Pubblico, esempio di audience development e community engagement di cui lo Stabile è storico promotore.
Produzioni e Coproduzioni
Gabriele Lavia | Stefano Massini | Massimo Popolizio | Silvio Orlando | Fausto Russo Alesi
Piero Maccarinelli | | Ivo van Hove | Manuela Mandracchia/Fabio Cocifoglia
Lisa Ferlazzo Natoli/lacasadargilla | Lucia Calamaro | Eleonora Danco | Viola Graziosi
Tommaso Capodanno | Fabio Cherstich | Giacomo Bisordi
Teatro Argentina
Sul palcoscenico del Teatro Argentina il progetto produttivo del Teatro di Roma inanella creazioni firmate da autorevoli maestri e artisti riconosciuti della scena che, tra classicità e innovazioni drammaturgiche, restituiscono l’attualità di scritture e linguaggi con sguardo contemporaneo e dal segno multiculturale.
Tra le espressioni della regia, che raccoglie la tradizione più vivace con rinnovato ascolto del presente, ritorna il talento rivoluzionario e l’inestimabile patrimonio registico del maestro Gabriele Lavia, in dialogo con l’eternità di un classico goldoniano, Un curioso Accidente (dal 31 ottobre), per una coproduzione in sinergia con Effimera e Teatro della Toscana. Una delicata commedia degli equivoci scritta da Carlo Goldoni che, ispirandosi a un fatto realmente accaduto, riporta in scena la rivalsa del gioco della seduzione e dell’amore sui pregiudizi e sugli inganni della società borghese settecentesca.
L’estro internazionale di narratore dal vivo di Stefano Massini (premiato agli Oscar del teatro americano Tony Awards 2022), al servizio delle sfaccettature umane con L’interpretazione dei sogni (dal 5 dicembre), per un affondo nel pensiero di Sigmund Freud, in sinergia produttiva con lo Stabile di Bolzano e Teatro della Toscana. Da più di dieci anni impegnato su questa opera (a cui ha dedicato anche l’omonimo romanzo edito da Mondadori e tradotto in diverse lingue), Massini compone una galleria di personaggi che, narrando i propri sogni, creano una partitura di voci e interpretazioni dentro una drammaturgia onirica che riverbera l’immaginario visionario del padre della psicanalisi.
Debutto in prima nazionale per Massimo Popolizio con una nuova creazione a rinnovare un classico che si fa sguardo sul presente, L’albergo dei poveri (dal 9 febbraio), di Maksim Gor’ki, così ribattezzato da Giorgio Strehler in occasione della regia che inaugurò il Piccolo Teatro di Milano nel 1947, con cui è coprodotto lo spettacolo. Un grande dramma corale di pathos, denuncia sociale, amara comicità, riflessione morale sul destino umano, di cui Popolizio raccoglie la sfida registica, con la riduzione teatrale di Emanuele Trevi, conservando intatte l’energia drammatica, la forza visionaria, la disperata lucidità dei personaggi che, in un rifugio di derelitti e alcolizzati, trascorrono i loro giorni tentando di non soccombere alla disperazione e all’inerzia della sconfitta.
Personalità sfaccettata del grande schermo e della scena, Silvio Orlando, si fa interprete dell’esilarante Ciarlatani (dal 5 marzo), del drammaturgo spagnolo Pablo Remón, una pièce in capitoli in cui quattro attori viaggiano nel variopinto universo di decine di personaggi, spazi e tempi, aprendo una riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che ricopriamo, dentro e fuori la finzione, per una satira sul mondo del teatro, in coproduzione con Cardellino e Festival di Spoleto.
Acuto interprete dell’umano attraverso il gioco ambiguo e misterioso del palcoscenico, Fausto Russo Alesi torna all’opera di Eduardo, a dodici anni da Natale in casa Cupiello, per far rivivere la magia del teatro con L’arte della commedia (dal 7 maggio), di cui si fa portavoce nel ruolo del capocomico, con una nutrita compagnia di interpreti, firmando anche la regia di questa coproduzione con Elledieffe, Teatro di Napoli e della Toscana. Scritta nel 1964, e parte della raccolta dei “giorni dispari”, la commedia rischiara il rapporto contradditorio tra lo Stato e il Teatro, e il ruolo dell’arte e degli artisti nella nostra società, facendo echeggiare la nostra relazione con il potere e il bisogno di essere riconosciuti.
Il sostegno produttivo del Teatro di Roma ai processi creativi di una polifonia di sensibilità al femminile, artigiane di un teatro del presente per innovazione drammaturgica e scrittura del contemporaneo, si esprime nella valorizzazione delle opere di Lisa Ferlazzo Natoli e Lucia Calamaro.
Con Il Ministero della Solitudine (dal 23 novembre), ispirato alla nascita in Inghilterra del primo Ministero nominato per contrastare disagi emotivi e sociali, Lisa Ferlazzo Natoli e la sua compagnia lacadargilla – in coproduzione con Emilia Romagna Teatro e Metastasio di Prato – propongono una partitura antropologica sulla solitudine per flash, incontri, cortocircuiti psichici e fisici all’orlo di una danza; creando un luogo reale e immaginifico – che si avvale della regia a due mani con Alessandro Ferroni e della drammaturgia al testo di Fabrizio Sinisi e del movimento di Marta Ciappina – in grado di esprimersi con linguaggi e dispositivi narrativi di un’epoca che richiede di ragionare con cura sulle comunità dei viventi.
La scrittura di Lucia Calamaro, pluripremiata firma di un teatro capace di scandagliare nell’animo umano con profondità ironica e mutando la parola da personale a metaforica, volge alla scena un nuovo sguardo inesorabile, divertito e tragico, sulla singolarità della vita, con una versione rivisitata in prima nazionale de L’origine del monto. Ritratto di un interno (dal 22 marzo), spettacolo del 2011 e vincitore di 3 premi Ubu, ora rinnovato anche nel cast con il tris di attrici Concita De Gregorio, Lucia Mascino e Alice Redini, per riallestire quel perturbante domestico nel tentativo di integrare i traumi legati a un tempo recente, presente, nevrastenico.
Sul fronte dell’internazionalizzazione e dell’ascolto delle voci autoriali d’oltre confine, le proposte individuate si allineano con il percorso di ricerca del Teatro di Roma, spingendosi nel terreno più visionario delle arti della scena, come per lo spettacolo del regista olandese Ivo van Hove, Lo zoo di vetro di Tennessee Williams (dal 23 settembre), in corealizzazione con Romaeuropa Festival, un’indagine sull’agire della memoria, del ricordo e del teatro, rifugio e limite per fragili creature umane, con la forza interpretativa di Isabel Huppert, attrice pluripremiata e icona della storia del cinema, nel ruolo di una madre ingombrante, abusiva, piuttosto infelice, commovente e davvero folle.
Teatro India
Il Teatro India continua il suo processo di costruzione di luogo in ascolto dei fermenti del contemporaneo, rintracciando creatori e talenti della scena, già riconosciuti in contesti prestigiosi, che innovano le mappe produttive nei formati e nei linguaggi, contaminandole con sperimentazioni ed esperienze non convenzionali. A partire da proposte di impegno civile e dalla creatività integrata al racconto del presente, che accompagnano la progettualità produttiva del Teatro di Roma esaltando ricchezza e complessità del contesto globale, dal quale si catalizzano idee, tematiche, urgenze del tempo.
Tra queste, un’autarchica voce dell’oggi ad alta tensione poetica, Eleonora Danco, la cui ricerca artistica nutre il discorso sulla precarietà intima ed esistenziale dell’individuo, indagando il rapporto con la famiglia e l’educazione, il tempo dell’infanzia e la vita adulta, nella messinscena di Non farai mai niente nella vita (titolo provvisorio, dal 12 ottobre), in coproduzione con lo Stabile di Napoli, una drammaturgia che prende spunto dall’opera surrealista di Salvador Dalì e dalle vite dei ragazzi nelle periferie delle grandi città, restituita con un linguaggio tragicomico, crudo, diretto, fisico.
Il viaggio nella potenza delle parole, questa volta portatrici di valori di giustizia, maternità e libertà, continua con la sensibilità interpretativa di Viola Graziosi, che si presta al messaggio poetico e politico del Mito, esplorato in un percorso di consapevolezza e violenza di genere, attraverso le donne classiche rivisitate da Luciano Violante, e armonizzate dalla regia di Giuseppe Dipasquale, nel progetto produttivo DONNE! Trilogia sulle donne dal mito ai social (dal 15 novembre). Un percorso teatrale che parte da una dimensione arcaica per giungere alle porte del reale, con l’universalità di una narrazione che riscopre la forza e il dolore di tre eroine – Circe, anche in maratona con Clitemnestra e Medea (19 e 26 novembre) – in cui risiedono le dinamiche e gli archetipi della cultura occidentale, osservati dentro al mito e affrancati dal pregiudizio moderno, fino alla mise en espace della giovane protagonista di “una stand-up comedy” del testo di A. Menduni e Roberto De Giorgio, Qualcosa di lei (25 novembre), in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Piero Maccarinelli con La casa nova (dal 14 marzo) si confronta con uno dei capolavori di Carlo Goldoni attorno al trasloco, e al tracollo per dissipazione, di una coppia di giovani sposi avviluppati in una macchina drammaturgica che mette in luce le smanie di arrivismo, interessi e ipocrisia sociale, di una borghesia schiava della cultura dell’apparire, attraverso l’energico gruppo di allievi del corso accademico di secondo livello dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, guidati da Stefano Santospago, interprete di Zio Cristoforo nell’originale lingua veneta goldoniana.
Artefice di una raffinata pratica creativa sul testo e sulla costruzione di personaggi e ambienti, illuminati dalla musica che ingloba nuove narrazioni, Manuela Mandracchia si esprime come interprete de Il canto dei giganti (dal 2 maggio), anche regista assieme a Fabio Cocifoglia, per una rilettura di alcuni testi di Luigi Pirandello in dialogo con le sonorità degli Agricantus. Una world music, tra tradizione musicale siciliana e mediterranea con musica elettronica, per raccontare la storia di una compagnia di attori e musicisti che con ostinazione gira per teatri e piazze portando al pubblico La favola del figlio cambiato, attraverso cui rintracciare una grande umanità nella eterna circolarità di rinascita e morte.
La ricognizione nella pluralità di prospettive ed estetiche della scena giovanile più avanzata, si manifesta nell’investimento produttivo sul lavoro di Tommaso Capodanno. Regista e dramaturg di potente energia, cresciuto al Teatro di Roma, al quale si affida un doppio percorso progettuale: la produzione de Il cavaliere inesistente (dal 4 dicembre), un’indagine sull’identità con una narrazione consegnata alla guerriera Bradamante, simbolo della diversità nell’armata di Carlo Magno, attraverso quattro attrici, quattro Bradamante, che attraverseranno le vicende dell’eroe impossibile di Italo Calvino; e la regia dello shakespeariano Molto rumore per nulla (dal 17 ottobre a Torlonia), nell’ambito del progetto pedagogico e professionalizzate Classico in scena, con il patrocinio della Camera di Commercio, rivolto agli attori del biennio del Corso di perfezionamento del Teatro di Roma e finalizzato all’immissione nel mondo del lavoro dei giovani interpreti diplomati. Si continua a puntare anche su un artista di riconosciuto talento, Fabio Cherstich, artefice di ibridazioni sceniche tra arti visive e performative, che torna dalla passata stagione con il successo di Cenerentola Remix (dal 21 novembre), una rilettura contemporanea di una fiaba senza tempo, come archetipo di libertà e alterità, che trae ispirazione dalla favola originariamente scritta da Giambattista Basile in napoletano e poi riscritta da Charles Perrault e dai fratelli Grimm, per un lavoro corale e per tutte le età, che restituisce l’emanazione visionaria di un moderno personaggio femminile alle prese con la crescita e il passaggio alla vita adulta.
Giacomo Bisordi, riconosciuto regista di matura sensibilità scenica, con Giunsero i terrestri su Marte (titolo provvisorio, dal 9 aprile) agguanta il palcoscenico per proseguire la sua ricerca sulle narrazioni della nostra identità, ispirandosi all’epopea dei sogni marziani di Ray Bradbury, Arthur C. Clarke e Philip K. Dick, verso l’anelito della “conquista” di Marte da parte dei terrestri, un pianeta che racchiude sogni, desideri e speranze di una civiltà che assiste allo sgretolarsi celle proprie ambizioni. Un trittico di interpreti ridisegna in scena il ritmo impetuoso delle immagini più evocative e metaforiche di tanti temi ricorrenti della fantascienza dedicata al “pianeta rosso”, con risonanze prepotenti nella nostra contemporaneità, tra colonizzazioni, violente esplorazioni umane, collassi climatici, solitudini e identità collettive, alla ricerca del senso di essere Terrestri o Marziani.
Un progetto speciale è quello dedicato al teatro senza confini di Eugenio Barba e dell’Odin Teatret, protagonisti di un lungo viaggio che il Teatro di Roma intraprende nel segno di una ricerca teatrale di respiro internazionale – assieme alla Fondazione Barba Valery e Gitiesse Artisti Riuniti – per coinvolgere il pubblico in un’esperienza di spettacoli, masterclass, dimostrazioni e incontri, sull’eredità e sul valore artistico di un regista e di una compagnia che hanno rivoluzionato il teatro del novecento. Un cammino iniziato con la collaborazione al debutto mondiale di Anastasis (Resurrezione), al Teatro Nazionale di Budapest per le Olimpiadi del Teatro 2023; e che proseguirà dall’8 maggio 2024 al Teatro India attraverso un progetto in due parti per festeggiare i 60 anni dell’Odin Teatret: dal debutto di Una giornata fatale del danzatore Gregorio Samsa (dall’8 maggio), evoluzione dello storico spettacolo con protagonista Lorenzo Gleijeses, nell’incontro drammaturgico con Eugenio Barba e Julia Varley; al calendario di masterclass, presentazioni e incontri; fino all’evento celebrativo organizzato da un comitato scientifico e alla programmazione di due spettacoli su regia di Eugenio Barba: La casa del sordo. Capriccio su Goya (28 maggio) e la prima nazionale di Compassione. Tre panorami di speranza in primavera (30 maggio).
Ospitalità
Roberto Andò | Luca De Fusco | Antonio Latella | Nanni Moretti | Daniele Cipriani | Peeping Tom
Marco Baliani | Giorgio Sangati | Elena Arvigo | Scimone-Sframeli | Roberto Andò
Daniele Spanò | Gabriella Greison | Valentina Esposito | Nicola Russo | Giuliano Scarpinato
Leonardo Manzan | Giovanni Ortoleva | Teatro dei Gordi | Carlo Sciaccaluga
Teatro Argentina
Il sistema delle ospitalità si integra al progetto produttivo componendo una cartografia di personalità, esperienze e opere, coerenti ai temi e ai formati multidisciplinari della Stagione, anche nella valorizzazione di una geografia di eccellenze artistiche, dai linguaggi e dalle tendenze in continua evoluzione, per accompagnarne i percorsi creativi.
Su queste direttrici si snoda la schiera di registi, maestri della tradizione e protagonisti di reinvenzioni e declinazioni d’avanguardia che abiteranno il Teatro Argentina. A partire da Roberto Andò con Clitennestra (dal 10 gennaio), dal romanzo dell’autore irlandese Colm Tóibín, La casa dei nomi, da cui emerge la tragica storia di solitudine, vendetta e sangue, del mito classico della regina assassina, restituita da Isabella Ragonese, moglie furiosa e madre straziata, che si muove in un teatro di ombre, voci e fantasmi, dentro labirinti di passioni e debolezze profondamente umane.
Luca De Fusco rivisita un classico del teatro di Pirandello con Così è (se vi pare) (dal 3 aprile), un noir dal ritmo incalzante e dall’atmosfera rarefatta per questa sua sesta regia pirandelliana con Eros Pagni, con cui esalta la ricerca della verità e il tema dell’inafferrabilità del reale. Una inedita rilettura, ispirata alle tesi dello studioso Giovanni Macchia, in cui la signora Frola e il signor Ponza si rivolgono direttamente al pubblico come in un processo di messa a nudo di sé stessi e di racconto dei fatti, per rivendicare ciascuno la propria esistenza districandosi tra verità e follia.
Si passa al teatro affilato, lucido, potente e fuori dagli schemi di Antonio Latella, che porta in scena La locandiera (dal 17 aprile), con Sonia Bergamasco nel ruolo di Mirandolina, una grande operazione civile e culturale che, secondo il regista, dà iniziò al teatro contemporaneo, elevando una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a figura capace di sconfiggere l’universo maschile, per un omaggio a Carlo Goldoni e a un testo da cui riscrivere la storia teatrale del Paese.
Esordio da regista teatrale per Nanni Moretti, alla sua prima opera di prosa, con Diari d’amore (dal 23 maggio), due atti unici di Natalia Ginzburg (Dialogo e Fragola e Panna), attraverso cui esplora ironicamente l’indifferenza e le mediocrità morali nelle intimità domestiche dei protagonisti, tra cui Valerio Binasco e Daria Deflorian, che si ritrovano a parlare di matrimonio, fedeltà, maternità e amicizia, manifestando le proprie inettitudini e trasformando in commedia il lato più tragico delle loro esistenze.
A chiusura d’anno Daniele Cipriani, da sempre impegnato nella valorizzazione del repertorio italiano rivisitando grandi classici, porta in scena il balletto in due atti di Amedeo Amodio, Coppélia (26 e 27 dicembre), dal racconto Der Sandmann di E.T.A. Hoffmann del 1816, con la coppia di primi ballerini Anbeta Toromani e Alessandro Macario; l’opera, pur muovendosi con il ritmo di un linguaggio classico su musica originale di Léo Delibes, diventa una grande creazione cinematografica, un metateatro dove la scena è un set, l’inventore-demiurgo Coppélius è un regista e i personaggi sono interpreti di un film. Con Alles Walzer (31 dicembre e 1mgennaio) va in scena una brillante creazione contemporanea in equilibrio con l’immortalità e il lirismo della tradizione, che esalta il virtuosismo dei dodici danzatori della Compagnia Daniele Cipriani, su musiche di Johann Strauss, Josef Strauss e Gustav Mahler, con coreografia di Renato Zanella e con protagonista Davide Dato, primo ballerino dell’Opera di Stato di Vienna.
Dalla scena internazionale si attinge all’universo della sperimentazione più avanzata con il realismo onirico della compagnia di teatro-danza belga Peeping Tom, che propone S 62° 58′, O 60° 39′ (dal 23 gennaio), in corealizzazione con Fondazione Musica per Roma (in anteprima nel Festival Equilibrio 2024), catapultando il pubblico in un viaggio di dimensioni apocalittiche, in cui si scatenano le contraddizioni di un mondo afflitto da guerre, inflazione, cambiamenti climatici e crisi energetica; una performance che ispeziona le relazioni umane, il rapporto con la natura e le manipolazioni quotidiane, a partire dalle coordinate geografiche e temporali di un punto di un deserto artico (South 62 degrees 58 minutes, West 60 degrees 39 minutes), dove una nave e la sua piccola comunità si incagliano in una montagna di ghiaccio.
Teatro India
Sul palcoscenico del Teatro India scorre la migliore drammaturgia contemporanea, con un programma di ospitalità che spazia dalla lezione di maestri della scena a nuovi approdi di un’intera schiera di sensibilità e intelligenze creative.
Tra il monologo di un clown triste sulle arie di Verdi e l’opera fiabesca del bimbo-biscotto, Marco Baliani torna in ospitalità (dal 2 novembre) con il dittico di spettacoli in cui la narrazione si fa teatro e la fantasia si traduce in realtà. In scena le parole prendono corpo diventando verità con Rigoletto, i cui sentimenti immortali dell’opera verdiana rivivono nella storia di un pagliaccio che, mentre trasforma col trucco il suo viso, si prepara per una serata speciale, quella in cui si consumerà la sua vendetta sotto gli occhi di tutti; e con Frollo, un cavalleresco bambino di panpepato alle prese con un principe autoritario divorato dalla fame, per un attraversamento dei luoghi mitici della antropofagia fiabesca sulle tracce dell’insaziabilità, anche metafora della società dei consumi pronta a divorare ogni cosa.
Dalla carta stampata la storia privata della giornalista Francesca De Sanctis diventa un racconto generazionale, intrecciandosi alla complessa vicenda della chiusura del quotidiano l’Unità, con Una Storia al contrario (7 e 8 novembre), spettacolo tratto dall’omonimo libro dell’autrice, restituito in scena da Elena Arvigo, che dà voce ai pensieri e agli stati d’animo di una donna, a sua volta figlia, moglie e madre, che ha imparato a resistere alle vicissitudini personali, in equilibrio tra famiglia, amori e malattia, per reinventarsi un mestiere e una carriera tra le righe di una vita puntellata dalla scrittura e da un grande coraggio.
Un trittico di raffinate interpreti, Maria Paiato, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auri, equilibriste della parola e delle emozioni, portano in scena la brillante commedia del premio Pulitzer David Mamet, Boston Marriage (dal 6 febbraio), per la regia di Giorgio Sangati. Il non-detto, l’allusione e il paradosso raccontano uno spaccato della società americana tra ‘800 e ‘900 per una riflessione sulla condizione femminile, tra emancipazione e libertà di amare, nell’incontro tra due dame dell’alta società, un tempo legate da una relazione sentimentale, e una cameriera, che evolve presto in un acceso scontro dove si infrangono le regole dell’etichetta e si smaschera ogni convenzione riguardo l’amore.
Con Fratellina (dal 13 febbraio) arriva l’attesa creazione della compagnia Scimone–Sframeli, già vincitrice di 5 Premi Ubu, un’opera poetica che racconta il tentativo di due personaggi – Nic e Nac – di cercare un luogo dove tutte le cose dimenticate si possono ritrovare. Ad accompagnarli in questo viaggio di solitudine e insensatezza nella condizione umana, l’incontro con Sorellina e Fratellino arricchisce il loro percorso di spunti comici e paradossali, ma anche di riflessione su una realtà svuotata di umanità, nella speranza di un cambiamento, un’apertura all’altro in un mondo fatto di grazia.
A nutrire il dibattito sul ruolo del teatro nella società e sulla necessità di narrare un presente scandito da fatti intollerabili e sconquassi umani, si inanellano una serie di proposte che ne alimentano la riflessione attraverso la scena, sempre più, luogo non solo della visione, ma anche del pensiero come veicolo per la circolazione di idee, tematiche e valori.
Si inizia con una riflessione sul non considerare normale quello che è inaccettabile, la violenza su un essere umano, attraverso il lavoro di un attore di rara sensibilità e potenza espressiva come Vincenzo Pirrotta, protagonista di un crescendo di pietà e indignazione nel flusso di parole dell’opera del francese Laurent Mauvignier, Storia di un oblio (dal 21 febbraio), guidato dalla regia di Roberto Andò, in cui si racconta un fatto di cronaca che ricostruisce la tragica fine di un uomo pestato a sangue dagli addetti alla sicurezza in un supermercato di Lione per il furto di una birra.
Una riflessione sul tema del cambiamento climatico, sociale e individuale, e sulla propaganda strumentale a politiche che attuano lo sfruttamento incondizionato delle risorse naturali, trova espressione nel dispositivo creativo del regista e artista visivo Daniele Spanò, Forma Sonata (dal 28 febbraio), una installazione video-sonora in cui videoarte e lirica si connettono con la voce della soprano Arianna Lanci e le musiche originali di Angelo Elle, mentre la cura del movimento è affidata alla maestria del coreografo Alessandro Sciarroni.
Si spazia tra scienza e teatro, con Gabriella Greison, divulgatrice soprannominata la rocker della fisica, con ENTANGLED. Ogni cosa è collegata (dal 4 aprile), per la regia di Emilio Russo, nel viaggio umanissimo di uno dei fondatori della meccanica quantistica, premio Nobel nel 1945 per aver teorizzato il principio di esclusione, Wolfgang Pauli, scienziato e uomo amato e odiato per il suo temperamento e la passione per l’alcol e i night club, che lascia scorgere la profondità dell’animo umano oltre il mito.
Ancora una esperienza rivoluzionaria di liberazione teatrale da costrizioni sociali, emerge dal lavoro di Valentina Esposito che da anni fa convivere sulla scena attori ex detenuti o detenuti con interpreti professionisti, come in questa favola amara Destinazione non umana (dal 23 aprile), un’immaginifica vicenda di bestie umane che diventa pretesto per una riflessione sul tema della malattia, della morte, della solitudine, della responsabilità individuale rispetto alle scelte di vita.
A parlare di disagio sociale di tanta umanità clandestina e isolata è la scrittura di Nicola Russo che, con Christophe o il posto dell’elemosina (dal 24 aprile), a partire dalle proprie lettere scambiate con un ‘barbone’ in condizione di solitudine per le strade di Parigi, rende testimonianza del mondo interiore di tanti uomini che non riescono a oltrepassare le frontiere, attraverso un racconto epistolare pieno di immaginazione e commozione, capace di attraversare le frontiere con pensieri, appunti e speranze.
Con Il tempo attorno (dal 23 maggio) Giuliano Scarpinato si ispira al proprio vissuto e alla vicenda dei suoi genitori, magistrati antimafia accompagnati per anni dalla scorta: una storia scomoda, di cui siamo testimoni, che si dipana nel cono d’ombra della storia italiana delle stragi di magia, per entrare prepotentemente nel racconto familiare di vite a cui viene chiesto di pagare un prezzo altissimo.
La perlustrazione nel panorama delle nuove voci autoriali e registiche offre un doppio affaccio nelle creazioni di due talenti riformatori dell’estetica del teatro di parola, Leonardo Manzan e Giovanni Ortoleva che, pur nelle loro differenze e individualità, tracciano con rigore scenico e visioni di alto valore, percorsi creativi rinnovati nelle intersezioni disciplinari e nel racconto del presente.
Leonardo Manzan, giovane regista romano due volte vincitore alla Biennale di Venezia, propone Una piccola opera lirica (titolo provvisorio, dal 6 marzo) con cui continua la sua personale riflessione sul confine tra teatro e arte visiva, mettendo in relazione e in opposizione i linguaggi tra le due discipline con una performance giocata sul significato e sui limiti della rappresentazione contemporanea.
Mentre, il giovane fiorentino Giovanna Ortoleva, con all’attivo già diversi riconoscimenti tra cui una menzione speciale alla Biennale College, firma adattamento e regia de La dodicesima notte (o quello che volete) (dal 19 marzo), l’ultima commedia giocosa e amara del Bardo, un’ode all’amore condizionato dalla struttura classista della società e convogliato in rivoli di equivoci, scambi di persona e inganni, ricreati dalla compagine di interpreti attraverso la “scala sociale” che occupa la scena: gradini che rappresentano salti di classe e di condizione sociale, ma anche rapporti di sudditanza e dominazione, nell’attesa di colmare i propri vuoti con il consenso e l’adorazione dell’altro.
Tra le espressioni contemporanee di drammaturgia collettiva, la programmazione si arricchisce del lavoro della compagnia del Teatro dei Gordi che, partendo dalla commedia dell’arte, intraprende un teatro senza parole, una rivoluzione poetica contro la sovrabbondanza verbale, che si svela nell’omaggio alla poetessa polacca Wisława Szymborska con Sulla morte senza esagerare (dal 18 aprile), un affondo sulla finitudine in chiave ironica e con un linguaggio ancorato al teatro di figura e di maschera, sulla soglia tra l’aldiquà e l’aldilà, per raccontare gli ultimi istanti, le occasioni mancate, gli addii.
Nell’attuale geografia artistica ritroviamo anche Carlo Sciaccaluga a confronto con il lavoro teatrale del premio Nobel Mario Vargas Llosa, Appuntamento a Londra (dal 31 gennaio), una pièce sulla metafisica dell’amore, su come ognuno costruisce la propria verità, uno spazio identitario dove la realtà si intreccia alle invenzioni mentali, ai desideri, ai sensi di colpa di due protagonisti che si scoprono e si determinano a vicenda.
Prospettive della danza contemporanea
Lemi Ponifasio | Boris Charmatz | Boris Charmatz | Ivo van Hove
Peeping Tom | Belova ~ Iacobelli | Eugenio Barba e Odin Teatret
Salvo Lombardo Salvo | Marco D’Agostin | Buffalo
Con la rassegna Prospettive della danza contemporanea il Teatro di Roma amplia il suo sguardo trasversale sul linguaggio coreografico e sulla sua articolazione culturale e sociale, per delineare uno scenario delle arti dal vivo che fa delle manifestazioni del corpo uno strumento di riflessione e indagine. Declinate all’insegna dell’innovazione e della multidisciplinarietà, le scelte programmatiche di questa sesta edizione esprimono i contributi più avanzati del discorso sulla danza, in grado di accogliere tensioni e ibridazioni della scena d’avanguardia, costruendo un mosaico di personalità d’eccezione che dissolvono le convenzioni della coreografia, rinnovandola con dirompente visionarietà e con prodotti creativi che riflettono sul ruolo del movimento e sull’emersione dei corpi.
Dall’orizzonte coreografico si importano le opere di grande potenza comunicativa ed evocativa di due energie internazionali, che proiettano sul palcoscenico l’individuo, la comunità, l’intimità, la spiritualità, e che convergono sul palco dell’Argentina attraverso la complicità corealizzativa con Romaeuropa: Lemi Ponifasio e Boris Charmatz, prodotti del pensiero e dell’arte di una incisività scenica non apologetica e audacemente immersa nell’oggi.
Si inizia con il ritorno, dopo dieci anni di assenza da Roma, di uno degli artisti più tellurici del panorama mondiale, il superbo coreografo e regista neozelandese, Lemi Ponifasio, che ipnotizza lo spettatore nello spazio mistico e onirico della sua Jerusalem (dal 18 ottobre), un teatro multiforme in cui restituisce il dilemma tra vita e morte, libertà e controllo, rivalità e sangue, costruendo un ponte tra rituale e spettacolo musicale, frammenti liturgici, canti e preghiere dall’antica tradizione Maori, assieme alle parole di Adonis Ali Ahmad Said Esber tra i più influenti poeti arabi contemporanei.
Alla poetica coreutica di Ponifasio, si affianca il capofila della “nouvelle vague” francese e direttore del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, Boris Charmatz, che con le sue creazioni rende il pubblico partecipe del trasformismo del fare danza, e lo fa anche nel suo assolo Somnole (dal 10 ottobre), un viaggio nella mente, nella creatività e nel ricordo, attraverso il corpo del danzatore impegnato in un’esplorazione languida della fase liminale dell’assopimento, con reminiscenze musicali, classiche e contemporanee, fischiettate dall’artista stesso per tutta la performance.
Il paesaggio artistico, e la sua capacità di allargare le prospettive della coreografia estera, incrociando la varietà dei linguaggi performativi ed estendendone generi e formati, si arricchisce dello stile onirico della compagnia belgo-cilena Belova ~ Iacobelli in Tchaïka (dal 21 maggio al Teatro India), pluripremiato spettacolo internazionale che incanta adulti e bambini con un’attrice e un grande burattino, per una piéce magnetica, liberamente ispirata a Il gabbiano di Čechov, tra teatro classico, teatro di marionette e movimento coreografico, per un infinito mise en abîme, dove una vecchia attrice nel crepuscolo della sua carriera torna a recitare sotto forma di burattino a misura d’uomo.
Dall’Italia lo sguardo performativo si dilata sulla ricerca cross-mediale del giovane coreografo Salvo Lombardo, assieme al gruppo di lavoro Chiasma, con Sport (dall’11 novembre), attraverso cui si ridiscutono gli ideali di performatività, agonismo e corporeità, fondati su codici di conformità a norme sociali e anatomiche, che pretendono di classificare corpi e identità, per un affondo sul concetto di “sport” indagato come una delle articolazioni delle forme del potere dominante al crocevia con la costruzione delle identità nazionali, culturali, di genere.
Ancora in ascolto delle possibilità evocative del corpo in movimento, si innesta un’altra giovane conferma della nuova coreografia italiana, Marco D’Agostin con Gli anni (2 e 3 marzo), un racconto biografico generazionale affidato al talento della danzatrice Marta Ciappina, costruito a partire da una playlist di brani pop e rock dagli anni ’80, ’90 e 2000, che ci proietterà in una carrellata di ambienti, scene e frammenti di vita familiare, nel tentativo di sottrarre all’oblio quante più immagini possibili.
Anche per il 2024 Prospettive della danza contemporanea amplifica la portata artistica e la sua capacità di allargare gli orizzonti, per stimolare il dibattito sulla danza contemporanea, esplorando nella ricchezza dei linguaggi performativi e delle scritture coreografiche transdisciplinari con gli sconfinamenti negli ambienti museali della sezione BUFFALO a cura di Michele Di Stefano. Anche nella sua quinta edizione Buffalo fa della prossimità tra personalità artistiche di chiara fama e proposte emergenti uno dei punti di forza del suo programma, con l’obiettivo di creare un ambiente interamente dedicato alle performance di danza contemporanea, che saranno accolte in luoghi unici della cultura cittadina. Pensato come uno spazio di indagine alternativo al codice della programmazione teatrale, Buffalo riflette sui confini della scena, l’interdisciplinarietà, la relazione spettatore/performer, la delocalizzazione della scena nella coreografia contemporanea, per accrescere la permeabilità e la pervasività del corpo e restituire all’arte dal vivo la reciprocità tra artista e pubblico.
Il programma potrebbe subire variazioni