RMX
RMX nasce da una riflessione sul mito di Narciso, con una declinazione in chiave contemporanea: la performance si focalizza sulla relazione che c’è tra l’essere umano e lo specchiarsi con la propria immagine rappresentata. Utilizzando i propri smartphone come dispositivo drammaturgico, i performer mutuano una pratica scenica che genera e manipola contenuti audiovisivi (sfruttando i tools offerti dai social network: stories, reel, filtri, loop, ecc.) componendo immaginari estetico-formali tematici. Concepito come un’immersione nelle profondità dell’immagine, il racconto diventa una metafora della mediazione tra il reale e il virtuale, indagando i concetti di sovrapproduzione e spaesamento nell’era digitale.
Nell’epoca del web 3.0 tale pratica assume un significato particolare per via dell’accessibilità universale ai mezzi di produzione, fino a scalzare la creazione originale dal vertice della gerarchia e proporsi come la vera forma culturale del nostro tempo. Nei media odierni i contenuti vengono prodotti sempre meno da un’élite creatrice e sempre più per generazione spontanea, tanto da rendere indistinto il confine tra attività di produzione e consumo. Nella società della performance siamo tutti autori e fruitori, produttori e consumatori. In una parola coniata da Alvin Toffler siamo tutti Prosumer di uno spettacolo al centro del quale scegliamo di rappresentare l’immagine di noi stessi.
Il programma potrebbe subire variazioni