Il titolo della collettiva che conclude la programmazione del MACRO con la direzione artistica di Luca Lo Pinto la prende in prestito per suggerire l’approccio agli esiti di un progetto che in cinque anni ha portato l’istituzione museale a interrogarsi sulla propria identità, le proprie modalità di produzione e relazione con gli artisti e il pubblico.
Tolia Astakhishvili (con Thea Djordjadze, Heike Gallmeier, Dylan Peirce), Absalon, Vincenzo Agnetti, Maurizio Altieri, Alex Bag, Beatrice Bonino, Victor Cavallo, Francesca Cefis, Buck Ellison, Luciano Fabro, Hamishi Farah, Simone Forti, Pippa Garner, Alberto Garutti, Isa Genzken, Lenard Giller, Félix González-Torres, Adam Gordon, Pierre Guyotat, Sohrab Hura, Thomas Hutton, Allan Kaprow, KUKII (aka Lafawndah), Rosemary Mayer, Sandra Mujinga, Charlemagne Palestine, Paolo Pallucco & Mireille Rivier, Lorenzo Silvestri, Diane Simpson, Lukas Wassmann, Gillian Wearing, Issy Wood
Il museo si riflette in una mostra, diffusa in tutta la sua architettura, in una superficie di oltre 10.000 metri quadri. Le opere sono quelle di oltre 30 artisti italiani e internazionali, tra cui quelle prodotte per l’occasione di Tolia Astakhishvili (con Thea Djordjadze, Heike Gallmeier, Dylan Peirce), Maurizio Altieri, Beatrice Bonino, Francesca Cefis e Lukas Wassmann, Pippa Garner, Lenard Giller, Félix González-Torres, Thomas Hutton, KUKII (aka Lafawndah), Rosemary Mayer, Charlemagne Palestine, Lorenzo Silvestri, Gillian Wearing.
Tra le altre opere esposte quelle di artisti storicizzati, come Luciano Fabro, Isa Genzken, Simone Forti, e di alcune delle voci più affermate della giovane scena artistica come Issy Wood, insieme all’opportunità di incontrare figure viste più raramente, come Pierre Guyotat o Absalon, o che hanno portato una prospettiva artistica nella moda, come Maurizio Altieri, e nel design, come Paolo Pallucco & Mireille Rivier, o ancora artisti emergenti come Hamishi Farah e Sandra Mujinga.
Post Scriptum. Un museo dimenticato a memoria è una mostra speculare a Editoriale, la collettiva diffusa in tutto il museo con cui nel 2020 si era aperta la programmazione dichiarandone gli intenti e le direzioni. Seguendo la metafora di un magazine, il progetto si è sviluppato per cinque anni con l’impianto editoriale di otto sezioni tematiche corrispondenti alle diverse sale del museo. Alcune hanno indagato l’idea stessa di mostra, altre l’hanno sfidata nelle sue convenzioni, includendo nella dimensione espositiva figure fuori dal sistema, e linguaggi altri, come il design, la musica, l’editoria: un palinsesto che si è composto di oltre 60 mostre, con il coinvolgimento di 250 artisti, sotto il titolo unitario di Museo per l’Immaginazione Preventiva.
Ad anticipare l’opening della mostra, il 5 settembre l’inaugurazione di Yard di Allan Kaprow, environment del 1961 che è ancora oggi il manifesto di un’arte capace di fondersi con gli spazi esistenti e i contesti sociali in cui è situata, criticando l’idea del potere individuale dell’artista a favore della collettività, e negando l’idea che l’opera debba necessariamente aspirare a una condizione definitiva.
La mostra è promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e da Azienda Speciale Palaexpo.
In copertina: Pippa Garner, Shades of Hollywood, 1982. Ph. Aaron Rapoport
Il programma potrebbe subire variazioni