di Brian Watkins
traduzione Enrico Luttmann
con Federica Carruba Toscano e Arianna Cremona
regia Martina Glenda
scene Sara Palmieri
disegno luci Sebastiano Cautiero
realizzazione costumi Nunzia Russo
La Contrada
Due sorelle, una madre bisognosa di cui occuparsi e Vicky, una pecora che il padre ha regalato alla madre prima di lasciarle. Un’unica cosa unisce le due sorelle: entrambe odiano Vicky. In una cittadina dimenticata tra le praterie, Sarah e Hannah lottano per il loro futuro tra colpe e fantasmi di famiglia.
La madre, per sopravvivere, si appiglia ai ricordi di tempi migliori. Sarah ed Hannah sono molto diverse. L’una assennata e premurosa, l’altra irrequieta ed indipendente. Vivono però la stessa oppressione rispetto alla situazione che le circonda. Entrambe sognano di lasciare la piccola cittadina tra le praterie che le tiene prigioniere.
Hannah e Sarah raccontano la loro storia in una serie di monologhi che si intrecciano e si completano. Il mancato scambio di battute dirette, traduce una reale assenza di comunicazione tra le due o forse è solo quello che vogliono far credere? Le interpreti, nel restituire questa storia, sono al contempo personaggi e attrici, alternando una recitazione sincera ed empatica a una serie di movimenti che rimandano a
una struttura rituale. L’idea di rito diventa guida primaria per l’impostazione dell’azione scenica. Questo cerimoniale permette di rimettere in azione il passato. Tutto ciò che viene raccontato accade mentre lo si racconta. Il desiderio finale è la speranza di essere liberate. Il racconto assume così funzione espiatoria e
catartica. Diventa fondamentale la necessità di farsi ascoltare. Per colmare questo bisogno, l’azione scenica è strutturata in un dialogo diretto con il pubblico che nello scambio assume quasi i poteri di un’autorità purgatoriale. I personaggi gli si rivolgono senza opporre alcun filtro. La “quarta parete” non viene rotta, è completamente assente.
Il programma potrebbe subire variazioni