Roma Visiva | Seconda giornata
Cronaca della seconda giornata della rassegna a Casa del Cinema: le donne e le arti visive a Roma dall'Ottocento a oggi
«Mia madre ha praticato il femminismo ma senza aderire alle sue ideologie, che sono arrivate dopo, con la mia generazione. Nella sua epoca, non si chiamava femminismo ma coraggio. Il femminismo era una pratica individuale e lei, sì, l’ha praticata, è sempre stata ribelle, autonoma». È una videointervista inedita a Dacia Maraini a impreziosire il focus su Topazia Alliata, Topazia Alliata, una donna del Novecento, un’artista eclettica, a cura di Silvia Lamia, Maria Luisa Maricchiolo, Chiara Pasanisi, primo appuntamento della seconda giornata di Roma Visiva, manifestazione che, fino al 10, a Casa del Cinema, indaga i talenti femminili che hanno operato nel mondo dell’arte visiva, dall’Ottocento ad oggi, nel tentativo di riscoprire quelli dimenticati o comunque poco valorizzati. Dopo il benvenuto di Claudio Crescentini, curatore della Galleria d’Arte Moderna di Roma, ad essere ripercorsa è la storia di Topazia Alliata, pittrice, scrittrice, gallerista, trasferitasi con il marito Fosco Maraini in Giappone e qui, dopo gli avvenimenti dell’8 settembre 1943, internata in un campo di prigionia, con tutta la famiglia.
Il suo sguardo sul mondo e su Roma, dove nel 1959 fondò la galleria Trastevere, nel corso del focus diventa spunto per una visione più ampia sulle donne e il loro rapporto con il talento, la fiducia nelle proprie capacità, la difficoltà di essere anche madri. Francesca Florio, attrice diplomata presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, dona voce ad alcune pagine dei diari giapponesi di Topazia Alliata. Manuel Barrese indaga le sue scelte come gallerista. Le “memorie” si rincorrono. Tra i protagonisti del focus, Toni Maraini, sorella di Dacia e autrice del volume Ricordi d’arte e prigionia di Topazia Alliata. «È stata la prima donna siciliana a prendere la patente – dice la terzogenita dell’artista – In Sicilia quella per l’emancipazione era una battaglia quotidiana. Non era sola, c’erano gli amici artisti con lei. Intraprese anche la battaglia contro la mafia, ma non riuscì a vincerla e fu costretta ad andarsene. Il pensiero dell’arte è quello che l’ha tenuta viva nel campo di concentramento. Nel suo diario, sono annotate alcune immagini della Sicilia e del Giappone. L’arte le dava forza».
Da Topazia Alliata l’attenzione si sposta, nel secondo intervento del mattino, su Elisa Magri – e sul dialogo con le pittrici Antonietta Raphael e Titina Maselli, la scultrice e gallerista Rita Cimara – nella relazione Elisa Magri: artista, gallerista e scrittrice, a cura di Elisa Francesconi. «Le sue opere – spiega – non hanno mai nulla di ostentatamente politico, anche se sono sempre impregnate di temi civili e sociali. Quando mostra le foto del Vietnam, nella loro violenza, aggiunge un elemento vegetale a mitigare l’immagine». Tra i filoni della sua ricerca, la denuncia del razzismo, che sviluppa con una serie dedicata alle Olimpiadi del 1968. Poi, i film d’arte, con biografie di artisti contemporanei. E così via, seguendo il percorso biografico dell’autrice, per investigare le sue visioni, la scena romana, il momento storico.
Nel pomeriggio, NOIDONNE medita su lavoro, ricerca e impegno di Gabriella Romano. Costanza Fanelli, rappresentante di NOIDONNE, appunto, prende la parola per raccontare la filosofia del gruppo e illustrare l’idea alla base del focus Gabriella Romano: sguardi e parole di donne. Protagonista dell’intervento è proprio Gabriella Romano, scrittrice, regista e documentarista, impegnata nella narrazione del femminile, pure nelle sue «storie spesso inascoltate di persone invisibili o resesi esse stesse invisibili», come sottolinea Elisabetta Colla.
«Io mi sono occupata di storia orale a partire dagli anni Novanta – dichiara Gabriella Romano – fortemente motivata da quella che identificavo come una necessità, ossia raccogliere testimonianze di coloro che non sono ascoltati e in questo mi sono diretta principalmente alle donne e alla comunità che allora si chiamava gay e lesbica». La storia orale, nella sua visione, si fa importante complemento della storia dei grandi eventi, calandola nel quotidiano. «Uno dei miei primi progetti – aggiunge – riguardava una donna anziana, che conoscevo e frequentavo quando vivevo in Piemonte. Era una storica dell’arte. Sapevo che si stava dedicando al riordino dei suoi diari, pensavo avesse parlato principalmente di storia dell’arte. Non è riuscita a pubblicare quei testi. Quando è morta, ho raccolto i frammenti dei diari, riguardavano quasi esclusivamente la storia d’amore vissuta con una donna dal fascismo fino alla morte della compagna. Mi è sembrato molto importante questo coming out».
Dal film sulla storia di Nietta Pra è iniziato l’impegno di Gabriella Romano per la valorizzazione di questi “archivi” privati. Alla raccolta di storie orali, quindi, si è affiancata quella di diari, foto, documenti dei singoli. Tra i suoi lavori, pure il racconto della figura di Violet Gibson, che cercò di uccidere il Duce. «Ho trovato tutta la documentazione del caso, che include una copiosa serie di sue note – afferma – dalla ricostruzione fatta dal commissario e dalle parole di Violet Gibson emerge sicuramente una parte di esaltazione, ma il ritratto di questa donna mi è parso molto parziale, seguiva quello che voleva il Regime. Faceva comodo la versione della sua pazzia e del suo isolamento».
La scena poi è per Cornelia Mittendorfer con la presentazione del libro Wissen.sapere, viaggio fotografico attraverso Roma, per raccontare e approfondire il legame con la città. Prima immagine del percorso, una porta. Anzi, come spiega Mittendorfer, «una porta che non si può attraversare, che non è una porta, mi sembrava il modo migliore per entrare nel mondo di Sapere». Così la Porta Magica, in piazza Vittorio, la Biblioteca Angelica e molti altri siti di Roma, in un iter tra luoghi meno noti e istituzioni, a costruire un profilo inatteso dell’Urbe.
E nuove visioni sulla città sono anche al centro dell’ultimo appuntamento della giornata, È Street art: arte da uomini?, a cura di Livia Fabiani, 27 anni, che si è avvicinata alla street art già a 18. Il suo primo intervento di arte urbana, come curatrice, ha visto protagonista Solo. Il secondo, Diamond. Poi, l’attenzione si è spostata sulla questione di genere. Così il racconto si concentra su Alice Pasquini e sul cambiamento che la sua arte ha portato nella narrazione della donna nella street art, liberandola da tanti stereotipi. Alice Pasquini non è la sola firma femminile dell’arte urbana. Indagare il lavoro delle artiste, tra nomi noti e altri emergenti, consente di riflettere sul ruolo delle donne e forse anche sui loro “spazi” nella dimensione urbana. «Per contrastare il gender gap nella street art – dichiara – bisogna creare occasioni in cui le artiste possano conoscersi e fare arte insieme». Dalla street art di oggi e di ieri alle proposte per quella di domani.