di Ronald Harwood
regia Giovanni Anfuso
con Stefano Santospago, Simone Toni, Giampiero Cicciò, Liliana Randi, Luigi Nicotra, Roberta Catanese
Piuttosto che andare in esilio, come molti dei suoi colleghi, Furtwangler scelse di continuare a dirigere nella Germania nazista e per questo alla fine della guerra, sarà accusato di essere stato nazista. Il testo di Harwood è la drammatizzazione dell’inchiesta, che si svolge nel 1946 a Berlino, nella zona occupata dagli americani. Chi investiga non può (o non vuole) trovare differenze tra un direttore di banda musicale e un grande direttore d’orchestra. Il suo punto di vista è che se si accetta di stringere la mano al diavolo, si è colpevoli.
Dal canto suo, Furtwangler è convinto di non essere colpevole, e per questo all’interrogatorio al quale viene sottoposto risponde convinto di dare spiegazioni plausibili. Dichiara di non aver fatto il saluto a braccio teso ad Hitler, ma un cenno con la bacchetta; di non aver diretto l’orchestra per celebrare il suo compleanno, perché quando ha diretto non era il giorno del compleanno; non è rimasto nella Germania nazista per soldi, o successo, ma per dare ai suoi compatrioti il conforto della musica.
Il suo è un ritratto denso di chiaroscuri e la conclusione della commedia resta aperta: Furtwangler è un criminale o un artista? Qual è il valore dell’arte al servizio della politica? Furtwangler pensava di poter tenere arte e politica separate, ma in realtà finì con il dirigere i violini mentre i forni di Auschwitz bruciavano. L’ingenuità non è essa stessa una colpa?
Il programma potrebbe subire variazioni