BELLAVITA
Il protagonista, si chiama così per un intercalare nei suoi discorsi, è un marito tradito e deriso che, rimasto vedovo, escogita una vendetta: pieno di rispetto e ossequio, inizia a seguire come un ombra il notaio, quegli che fu l’amante di sua moglie perché vuole che il dolore per la perdita della donna che entrambi hanno amato, sia condiviso. L’amante tenta inutilmente di liberarsi della soffocante presenza di Bellavita, utilizzando anche come intermediario un avvocato, ma nulla dissuade il vedovo dalla sua inusuale vendetta.
SGOMBERO
È una storia forte, drammatica, imperniata su un’unica protagonista, Lora che ha alle spalle una vita di soprusi, maltrattamenti, violenze familiari. Rimasta incinta, viene scacciata dalla famiglia. Lora, poi, aveva lasciato il bambino appena nato sulla soglia di casa dei genitori e aveva iniziato la vita di prostituta. È il trascorso.
Muore il padre di Lora. È disteso sul letto. Arriva Lora. È sola, parla, racconta, urla contro i vicini curiosi che spiano dalle finestre, li redarguisce con ironia. Si affonda in una riflessione quasi religiosa sul cero e sul crocifisso, fino alla lunga invettiva contro il padre in cui si sfoga tutto ciò che ha sofferto, raccontando il suo vissuto.
Si placa quando, frugando nel comò, trova il corredino del suo bambino morto tutto ben conservato.
LA GIARA
Si confrontano due ceti sociali: don Lolò Zirafa, uomo ricco e ossessionato dalla brama del possesso e Ziʹ Dima Licasi, un conzalemmi, un personaggio al limite del grottesco, immerso nella sua solitudine che, come tutti gli istrioni pirandelliani, ambisce ad una patente, quella d’inventore di un mastice miracoloso per acconciare le terraglie.
Nella loro solitudine, Ziʹ Dima e Don Lolò si incontrano davanti ad una giara spaccata.
La giara è un recipiente di potere, è l’involucro della nascita, l’utero e insieme la tomba, funge da totem, è un oggetto simbolo con il quale tutto quel mondo si confronta.
La regia, nella notte, quando con la luna tutto incomincia a farsi di sogno sulla terra, rinnova tutto il racconto inserendo una sua idea; e così Ziʹ Dima si trasforma in un folletto gobbo dai molteplici aspetti. Diventa un dio della fertilità che scatena sull’aia una celebrazione dionisiaca della raccolta con i contadini che ballano attorno alla giara come tanti spiriti della notte. Si leva un canto alla luna, come quello di Ciaula che per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte piena del suo stupore. Ziʹ Dima povero, sfruttato e deriso prevale sul padrone ricco e avaro. La giara sta lì come una metafora della trappola esistenziale da cui è possibile evadere solo con un guizzo beffardo.
con Marcello Amici, Tiziana Narciso, Massimiliano Ferretti, Pier Giorgio Dionisi, Ezio Provaroni, Federico Giovannoli, Marina Benetti, Francesco Miriano, Francesca Sampogna, Martina Pelone, Luca Mandara, Caterina Lo Bue, Mariaelena Pagano, Marco Tonetti, Andrea Giannelli