Bianco Naturale
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Bianco Naturale

Mostra dell’artista Sabrina Mezzaqui che indaga lo scorrere del tempo, tra sentimento e proiezione. A cura di Galleria Continua

Nell'ambito di Sala Santa Rita contemporanea

17.11.2021 ─
29.11.2021
Sala Santa Rita
Via Montanara, 8

Informazioni

L’anima, che, sgomenta davanti all’ampiezza della vita, implora un lavoro, «anche solo appuntare spilli – o il più umile rattoppo – roba da bambini – per placare le sue mani irrequiete».

Prende spunto dalla poesia J618 (1862) di Emily Dickinson l’installazione Bianco Naturale di Sabrina Mezzaqui, a cura di Galleria Continua, visitabile dal 17 al 29 novembre alla Sala Santa Rita. L’intervento è frutto del seminario Meditazione delle Mani, tenutosi a Cesena, che ha visto l’artista guidare il pubblico alla scoperta di una dimensione rituale, fatta di gesti lenti e ripetuti – tagliare, cucire, infilare perline – a misurare il tempo e, proprio guardando alla poesia, a placare le «mani irrequiete».
L’esito del lavoro, azione che si fa al contempo strumento di riflessione e sua espressione, è una lunga, anzi lunghissima – novanta metri – collana di foglioline di carta, infilate con perline, realizzata dai partecipanti al seminario e poi inserita in un recipiente di argilla bianca di produzione artigianale, creato da Cristina Navacchia, poggiato su un tappeto circolare di polvere di marmo.

Nel “bagliore” ideale di questo bianco totale l’osservatore misura il tempo: quello della creazione, ossia del passaggio dall’idea al fatto, ma anche quello della ripetizione, dove il gesto assume significato e valore nella sua moltiplicazione, nonché, quello della condivisione, dove l’azione “pesa” perché comune. E così la suggestione del tempo che passa diventa, davanti agli occhi dello spettatore, materia, concreta, con cui confrontarsi.

Accompagna l’opera, la proiezione delle foto in bianco e nero di Paolo Carraro, che hanno come soggetto proprio le mani al lavoro per la realizzazione del manufatto.

Bolognese, classe 1964, Sabrina Mezzaqui vive e lavora a Marzabotto.
La sua opera nasce da un processo riflessivo di disciplina autoimposta.
Nella sua pratica l’artista opera un distacco dalle parole generando immagini e oggetti concreti spesso fatti di carta, filo da cucito, tessuto. Si attivano così processi di costruzione e decostruzione dal cui susseguirsi scaturiscono opere intime in cui la relazione con il mondo è filtrata attraverso una dimensione letteraria, diaristica, collettiva.


Il programma potrebbe subire variazioni

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