drammaturgia e adattamento di Massimo Roberto Beato
regia Jacopo Bezzi
con Massimo Roberto Beato, Tommaso Paolucci, Francesco Terranegra
musiche originali Giorgio Stefanori
aiuto regia Federico Malvaldi
assistente alla regia Davide Mario Lo Presti
organizzazione Ferrante Cavazzuti
ufficio stampa Maresa Palmacci
foto e grafica Manuela Giusto
La Compagnia dei Masnadieri
Il Tenente Giovanni Drogo, neodiplomato all’Accademia Reale, è pronto a prendere servizio alla Fortezza Bastiani, sua prima destinazione. Si agitano in lui sentimenti contrastanti: la pena di lasciare la casa materna, la vita comoda della città e la sensazione che grandi eventi lo stiano aspettando. Una volta giunto però, una nuova indistinta malattia si impossessa lentamente di lui: è l’effetto della malìa esercitata dal deserto che si intravvede dalla Ridotta Nuova al confine con il nord, e dell’infinita attesa dei Tartari, popolo misterioso e leggendario che potrebbe attaccare da un momento all’altro, immortalando gli abitanti della Fortezza in un destino di gloria. Su tutto aleggia l’inesorabile scorrere del tempo. Si consuma così giorno dopo giorno, anno dopo anno, la vita di Drogo, nella convinta attesa che qualcosa di magnifico sia alle porte e la costante frustrazione di un atto mancato. A fargli compagnia in questo luogo d’esilio, il Capitano Ortiz anch’egli incapace di lasciare la Fortezza Bastiani e una serie di personaggi che sembrano macchinare contro Drogo ad impedirgli la piena realizzazione del suo destino di eroe. Ma forse, proprio questa sera, in cui i Tartari dopo secoli stanno veramente scendendo da nord e si sono spinti fin sotto i muraglioni della Fortezza, a Drogo, inaspettatamente, sarà data la grande occasione di dimostrare il proprio valore nella più dura e solitaria fra tutte le battaglie. Massimo Roberto Beato cura l’adattamento della vicenda, ideata da Dino Buzzati, del maggiore Giovanni Drogo rievocata nella stanza della locanda dove egli è giunto, malato, costretto suo malgrado, dal Maggiore Simeoni, a lasciare la Fortezza sotto assedio. Seduto sulla poltrona, mentre osserva fuori dalla finestra la sera e la notte incombente, in quest’ultimo atto di lucidità che precede la sua morte – e che egli vive come la sua “vera battaglia” – la sua mente procede a ritroso per approdare a vari momenti della sua vita e domandarsi se essa poteva o doveva essere vissuta diversamente. Primo capitolo della “Trilogia degli sconfitti” – progetto di ricerca triennale di indagine sulla generazione nata a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 del’900, attraverso gli echi e gli spunti offerti sia dalla letteratura classica che dalla drammaturgia contemporanea – Il Deserto dei Tartari offre l’occasione, attraverso il personaggio di Drogo, di riflettere sul destino degli ‘anti-soggetti’, coloro che seppur incapaci di adattarsi a un mondo di cui non comprendono le regole, sono tuttavia destinati a viverci. Più o meno consapevoli di essere l’incarnazione di una cultura minoritaria e inesorabilmente condannati al fallimento quando tentano di opporsi all’arbitrarietà e inconsistenza della vita, questi personaggi riescono a realizzare il proprio destino nel momento in cui accettano di combattere, fino in fondo, la battaglia degli sconfitti: consci delle circostanze date essi ingaggiano, infatti, una costante lotta.
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