L’11 febbraio 1798 l’esercito repubblicano francese occupa Roma e, con il sostegno dei filo-rivoluzionari romani, quattro giorni dopo viene proclamata una “Repubblica sorella” della Francia rivoluzionaria. Dopo la deportazione di papa Pio VI, che vecchio e malato morirà in Francia nel 1799, i repubblicani romani si affrettano a eliminare dai luoghi istituzionali i simboli del papa-re, valorizzando al contempo siti legati alla storia dell’antica Roma repubblicana, primo tra tutti il Foro Romano.
Numerosi conventi e chiese di vari ordini religiosi e delle confraternite vengono soppressi per incamerarne i beni. Il governo repubblicano emana leggi e decreti, modellati su quelli della Francia rivoluzionaria, per una capillare catalogazione dei beni nazionalizzati in tutto il territorio della Repubblica. Per il patrimonio artistico ecclesiastico si prospettano due destini opposti: la vendita all’asta di arredi liturgici e opere d’arte o la tutela, nel Museo Nazionale in Vaticano, di quelli che vengono considerati capolavori inalienabili. Ad assumere un ruolo centrale nella scelta delle opere “di classici autori che interessano moltissimo l’istruzione pubblica” da destinare al museo sono il critico d’arte Giovanni Gherardo De Rossi, fondatore e redattore del periodico “Memorie per le Belle Arti” e il pittore Vincenzo Camuccini.
Frattanto, a seguito dell’avvio delle confische artistiche napoleoniche ratificate dall’Armistizio di Bologna (1796), i Romani rivendicano come propria l’eredità dei monumenti e delle opere d’arte dell’Urbe: da una supplica indirizzata al ministro degli esteri francese a nome del popolo romano traspare una nuova coscienza collettiva del patrimonio artistico come portatore di valori storici, economici e identitari. Proprio in quegli stessi giorni Quatremère de Quincy pubblica le celebri Lettres à Miranda, contro le requisizioni d’arte napoleoniche.
Caduta la Repubblica, questa nuova coscienza del patrimonio artistico inteso come bene pubblico avrà modo di palesarsi nelle misure adottate nei primi anni della Restaurazione pontificia, in particolare sul fronte della manutenzione, conservazione e valorizzazione di monumenti e siti archeologici e su quello della stessa legislazione artistica.
Il programma potrebbe subire variazioni