Le mura di Roma, fatte costruire dall’imperatore Aureliano tra il 271 e il 275 per difendere la città dalle minacce delle popolazioni del nord Europa, costituiscono uno dei simboli più imponenti della città stessa e rappresentano ancora un limite topografico e amministrativo. L’intervento affronta uno degli aspetti meno noti della storia recente della fortificazione, ovvero la fase in cui essa ha svolto contemporaneamente le funzioni di cinta difensiva e barriera daziaria, per poi assumere quella prevalente di monumento archeologico. Il passaggio non fu indolore e avvenne a seguito di una lunga controversia tra enti diversi, il Ministero delle Finanze, il Ministero della Guerra, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Comune di Roma, definita la vertenza sulle mura. La singolare diatriba occupò l’ultimo trentennio dell’Ottocento e il primo del Novecento, proprio quando le principali istituzioni nazionali e gli omologhi organismi locali nascevano e si andavano consolidando, entrambi derivati dalle esperienze maturate nel Comune pontificio. All’indomani della proclamazione di Roma Capitale del Regno d’Italia nel 1870, le istituzioni e i rapporti tra governo locale e nazionale furono ridefiniti e la manutenzione delle mura cominciò a costituire un problema per tutti. La documentazione archivistica ha permesso di ricostruire nel dettaglio gli attori, le posizioni e le argomentazioni di questa contesa, facendo emergere un quadro incredibile, nel quale, in un continuo rimpallo di responsabilità, le mura venivano considerate o rinnegate da ciascun ente a seconda dei propri interessi economici e politici. La sentenza definitiva che assegnò le mura al Comune di Roma fu emessa nel 1889 dal Consiglio di Stato, al quale da poco avevano attribuito funzioni giurisdizionali in campo amministrativo. Ma non bastò per affermare la natura prettamente culturale delle mura aureliane, che vennero considerate un monumento molti anni dopo, solo quando altre funzioni si esaurirono naturalmente. All’uso militare e fiscale, infatti, si aggiunsero, con l’espansione edilizia della città, altri utilizzi delle mura, più o meno leciti e opportuni, quali abitazioni e studi d’artista. Per una riqualificazione museale di alcune delle porte e dei camminamenti bisognerà aspettare lo scorcio del XXI secolo.
Marianna Franco
Laureata nel 2000 in Archeologia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e dottorata nella stessa università con una tesi su materiali ceramici da Paestum; specializzatasi in Archeologia Classica presso l’Università degli Studi di Salerno, ha svolto dal 2002 attività didattica e ricerca a livello universitario in qualità di cultore della materia. Ha lavorato come archeologo nell’ambito di scavi d’emergenza e universitari nei principali siti della Campania. Dal 2014 lavora come archeologo presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali, dove è responsabile di monumenti e depositi di materiali nel territorio del VII municipio di Roma. Ha seguito diversi progetti di restauro e programmi di ricerca sulle mura aureliane (Metro C; Rome Transformed). Ha curato il volume Mura di Roma. Memorie e visioni (2018) e altre pubblicazioni, tra cui La vertenza sulle mura di Roma (2018) e L’oratorio di Santa Margherita nelle mura aureliane (c.d.s.).