Quando creò una parafrasi di una delle opere pionieristiche di light art, il professore di spicco del Bauhaus Dávid Szauder si ispirò all’iconico Light Prop for an Electric Stage (1930) del pittore, fotografo, designer e teorico costruttivista László Moholy-Nagy. L’opera concepita da László Moholy-Nagy e progettata dall’architetto István Sebők era originariamente intesa come un “dispositivo sperimentale per la pittura di luce” con il potenziale di utilizzare informazioni raccolte da vari campi dell’arte per azionarlo. Un’idea era quella di creare multipli per un’installazione multimediale, utilizzando il funzionamento coordinato el dispositivo, che poteva essere attivato tramite telecomando. Traendo spunto dall’opera d’arte prototipo (il cui originale è esposto nella collezione dell’Harvard Museum e altre due repliche a Eindhoven e Berlino), Szauder crea una performance interattiva che, tenendo conto del programma estetico-educativo di Moholy-Nagy, è arricchita da un’esperienza uditiva che risponde all’ambiente di luci e ombre creato dal movimento della scultura.
Il programma potrebbe subire variazioni