UFFA CHE BARBA! | ONE / RISVEGLIO DI PRIMAVERA
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UFFA CHE BARBA! | ONE / RISVEGLIO DI PRIMAVERA

Primo capitolo del progetto "Uffa che barba!" con le allieve attrici e gli allievi attori dell'Accademia. Regia di Giovanni Ortoleva, supervisione artistica di Antonio Latella,

Nell'ambito di L'ACCADEMIA NAZIONALE D'ARTE DRAMMATICA SILVIO D'AMICO AL MATTATOIO

02.02.2024 ─
04.02.2024
Mattatoio
Piazza Orazio Giustiniani, 4

Informazioni

Ad inaugurare la rassegna, il 2 febbraio, è il primo capitolo del progetto Uffa che barba!, – titolo ispirato alla nota frase della sit-com Casa Vianello con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello – che vede protagonisti le allieve attrici e gli allievi attori del corso di Diploma di secondo livello con la supervisione artistica di Antonio Latella e il coordinamento di Francesco Manetti.

RISVEGLIO DI PRIMAVERA
di Frank Wedekind
Adattamento e regia Giovanni Ortoleva
Con Eva Cela, Pietro Giannini, Fabiola Leone, Irene Mantova, Riccardo Rampazzo, Daniele Valdemarin
foto di scena Manuela Giusto
Coordinamento del progetto Francesco Manetti

Note di regia

“La buona, vecchia morale. È una parola vecchia, che non si usa più. Con l’aggiunta di una sola lettera diventa mortale (e quanti morti ha fatto, e quanti morti continua a fare). Non si parlava d’altro, sul finire del diciannovesimo secolo, ed è in nome della morale che ai ragazzi di Risveglio di primavera viene proibita la conoscenza del mondo che li porterà alla morte. Adesso non la si nomina quasi più, forse ha preso altri nomi. Ma ogni volta che si giustifica una violenza, ogni volta che si fanno commenti sui vestiti di una ragazza violentata e uccisa, ogni volta che si infierisce su una vittima, la morale è viva e lotta contro di noi.

L’immoralismo, invece, è invecchiato molto peggio. Quella contro-morale che affiora spesso in Risveglio di primavera oggi ci fa sorridere. Per diverse volte è stata presa come “messaggio” dell’opera, facendo del testo una sorta di manifesto a favore dell’educazione sessuale. Ma c’è una figura mascherata che respira attraverso tutta l’opera e la toglie dalla retorica; è Mefistofele, arrivato direttamente dal Faust di Goethe a rendere la conoscenza inseguita dai ragazzi un atto tanto vitale quanto oscuro. Nel cuore di ogni uomo c’è il diavolo, nessun atto è innocente tolta la cancellazione di sé. Tutto qua.

Una nota più personale. Questo testo è una porta verso qualcosa che pensavo di aver dimenticato. Verso la sensazione di tragedia imminente, di orribile rovesciamento del mondo che durante l’adolescenza mi ottundeva la mente. Non sono mai riuscito a dire niente di quella sensazione, a darle un nome, o a condividerla con qualcuno. Diversi anni dopo ho incontrato il testo di Wedekind e l’ho sentita di nuovo suonare “come una serie di oscuri ricordi, come un motivo che uno ha canticchiato tranquillamente da ragazzo e che, in punto di morte, gli giunge dalle labbra di un altro e gli sconvolge il cuore”. Ringrazio i sei attori del biennio di specializzazione per aver così coraggiosamente seguito la mia guida nell’attraversamento di questo territorio.”

Giovanni Ortoleva

“Uffa, che barba! Uffa, che noia! Con questa frase si concludevano gli episodi di Casa Vianello, la sit-com televisiva che vedeva protagonisti Sandra Mondaini e Raimondo Vianello; dopo una giornata condita da episodi rocamboleschi, equivoci, comici litigi, la coppia si augurava la buonanotte con questa frase pronunciata dalla Mondaini, che diventò quasi uno slogan capace di entrare nel gergo degli italiani. Una frase che ormai associamo naturalmente a qualcosa di noioso, ripetitivo; i ragazzi spesso la utilizzano quando vengono chiamati dagli adulti a fare qualcosa che non vorrebbero fare, come ad esempio studiare. Per gli adulti, forse, è invece diventata una sorta di sentenza da applicare alla politica, quando continua a riproporci lo scenario di sempre senza alcuna novità o addirittura speranza. È una frase buffa che ci aiuta a sdrammatizzare, a volte, le miserie della vita, il non-senso del quotidiano.
È possibile che continuare gli studi dopo un triennio di Accademia, prolungarli per altri due anni, potrebbe essere un percorso da liquidare con un perentorio “Uffa, che barba!” Eppure, lo studio ricercato, scelto e voluto, che accresce ulteriormente il nostro bagaglio di conoscenze, può prepararci davvero alla prova del lavoro. Intitolare un biennio “Uffa, che barba!” non vuole essere una provocazione, ma una tematica su cui orientare due anni di studio, confronto e verifiche; due anni dedicati al tema della “barba” declinato in tutte le sue varianti: la noia, certo, ma anche le infinite barbe che popolano i testi teatrali o letterari, le favole, le barbe di personaggi realmente esistiti o quelle dei protagonisti della settima arte. Una frase ironica, quindi, che possa accompagnarci offrendo la possibilità di indagare più linguaggi e più mondi di espressione artistica.”

Antonio Latella

Il programma potrebbe subire variazioni

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