Un paradosso del melodramma come genere cinematografico è che è più difficile definirlo con esattezza che riconoscerlo istintivamente da spettatori. Il conflitto lacerante tra aspirazioni individuali e regole sociali, l’esaltazione dell’amore e delle passioni primarie, uno stile fortemente espressivo: sono tutte caratteristiche che convergono verso un’idea di “eccesso” come chiave di volta dell’intero genere, l’eccesso dei sentimenti come della loro rappresentazione, anche a discapito della verosimiglianza.
La rassegna Magnifiche ossessioni si concentra sulla Hollywood degli anni ’50, stagione d’oro del mélo, non solo per la qualità straordinaria dei titoli prodotti ma anche perché è proprio il mélo a farsi veicolo di un nuovo modo di interrogarsi sulla società americana, quella particolarmente conformista e irreggimentata del secondo dopoguerra. Dai conflitti generazionali alla condizione della donna, dai problemi psichici alla questione razziale, fino alla critica della società dei consumi, molti temi sorprendenti per l’epoca fanno capolino in questi film grazie al genio di registi come Sirk, Ray, Minnelli e Kazan, ma anche in virtù del piglio antirealistico e debordante connaturato al genere stesso. Si tratta di argomenti che esploderanno in tutta la loro forza solo nel cinema degli anni ’60, mentre lo spirito del mélo continuerà a vivere soprattutto nella serialità televisiva e naturalmente attraverso una schiera di autori, da Fassbinder a Almodóvar, che sapranno reinterpretarne la lezione nel modo migliore.
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